|
Tratto dal sito "Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa":
A Lucca ed in Garfagnana, sui cui monti agiscono anche militanti
pistoiesi e livornesi, gli anarchici sono soprattutto presenti nelle
formazione autonoma comandata da Manrico Ducceschi "Pippo",
che si distingue per la cattura di ben 8000 prigionieri nazifascisti e
per il tributo di sangue con 300 caduti(..)
A Pistoia agisce la formazione anarchica "Silvano Fedi"
composta da 53 partigiani. Il primo gruppo di resistenza si
costituisce ad opera di Egisto e Minos Gori, Tito e Mario Eschini,
Tiziano Palandri e Silvano Fedi. Diverse sono le azioni portate a
termine fra le quali il rifornimentodi armi anche alle altre
formazioni, la liberazione di prigionieri, il soccorso alle
popolazioni. Leggendaria la figura del giovane capo partigiano Silvano
Fedi che cade in una imboscata dai contorni poco chiari, tesa da
italiani, come testimonierà Enzo Capecchi l'altro anarchico che gli
era successo per un breve periodo al comando. La stessa formazione è
la prima ad entrare in Pistoia liberata dai nazifascisti con Artese
Benesperi.
A proposito della vicenda di S. Fedi, particolarmente interessante
questo passaggio di C.O. Gori, tratto da "Personaggi":
Fra gli anni Trenta e Quaranta la vecchia generazione anarchica
pistoiese (Egisto Gori, Archimede Peruzzi, Tito Eschini ecc.), nella
sua attività cospirativa, entrerà in contatto il gruppo dei giovani
studenti via via raccoltosi intorno a Fedi (La Loggia, Giovannelli,
Filiberto Fedi, Raffaello Baldi, i fratelli Bargellini, ecc.) ai quali
in seguito si uniranno alcuni operai e tecnici delle Officine San
Giorgio (Tiziano Palandri, Oscar Nesti, Giulio Ambrogi ecc.) ed il
gruppo del Bottegone (Sergio Bardelli, Francesco Toni, ecc.). La
presenza dei giovani liceali, apportatrice di entusiasmo e forze nuove
nel già variegato tessuto sociale che costituiva il sostrato
dell’anarchismo pistoiese, fece sì che il movimento, anche con la
costituzione Federazione Comunista Libertaria, si allargasse e
divenisse competitivo nei confronti del Partito Comunista, che nella
clandestinità si stava accreditando come la forza antifascista più
consistente. Già dopo il 25 luglio del '43 Fedi, che era stato tra
gli animatori di una manifestazione popolare per le vie di Pistoia,
veniva arrestato dalla polizia badogliana, ma era subito dopo liberato
a furor di popolo. Dopo l’Armistizio Silvano in seguito a dissidi
politico-organizzativi emersi con gli anarchici della “vecchia
guardia”, ed in particolare con Tito Eschini, costituisce
nell'ottobre 1943 una propria formazione partigiana composta
inizialmente da una cinquantina di uomini, le “Squadre Franche
Libertarie”, che, pur collegata al Partito d'Azione, rivendica una
completa autonomia, anche dal CLN, ed è formata prevalentemente da
militanti anarchici o comunque di idee libertarie. Sceglie di non
salire in montagna, ma di muoversi incessantemente tra la città e la
campagna, dove ha maggiore possibilità di rifornirsi di armi e
munizioni, sia nel versante di Pistoia sino alla zona di Quarrata e
alle colline del Montalbano, sia in quello di Fucecchio e Lamporecchio,
dando vita con particolare abilità ad una serie di azioni clamorose
basate soprattutto sul fattore sorpresa. Audacissimo e spericolato si
presenta infatti con una impresa che ha il sapore della beffa: dal 17
al 20 ottobre ’43 attacca infatti, con soli sei uomini (Danilo
Betti, Brunello Biagini, Marcello Capecchi, Santino Pratesi,
Giulio Vannucchi,) per ben tre volte consecutive il munito
caposaldo fascista della Fortezza di Santa Barbara, dove preleva
una gran quantità di armi, munizioni e viveri, una parte dei quali
viene trasportata in montagna. Silvano, anche in seguito, destinerà
sempre parte dei materiali ricavati dai suoi attacchi ai presidi
nazifascisti di città e dintorni, condotti spesso senza spargimento
di sangue, al rifornimento di altre formazioni partigiane pistoiesi,
da quella di “Pippo” (Manrico Ducceschi), a quelle del Partito
Comunista e del Partito d'Azione. Su queste imprese di Silvano abbiamo
recentemente avuto la fortunata occasione di registrare un lungo
colloquio con Artese Benesperi.
Artese Benesperi
Benesperi, nato il 19 agosto 1915, conosce Fedi nel novembre del 1943,
tramite Tiziano Palandri ed altri amici di Bonelle, da allora in poi
Artese è nella lotta armata a fianco di Silvano in tutti gli altri
momenti decisivi e clamorosi del suo eccezionale ed intrepido impegno
antifascista ed antinazista. “Silvano - ci dice Artese - aveva
anche un grande genio e lo dimostrò in molti casi, come nell'episodio
in cui io rimasi ferito, quando fu ammazzato quell'ufficiale tedesco
in Valdibrana e lui riuscì ad organizzare la cosa facendo in modo che
non venisse fucilato nessuno”. Artese si riferisce a quanto accadde
nella notte del 29 marzo del 1944 quando lui, Silvano,
Tiziano Capecchi e un altro compagno erano usciti per recuperare armi
e vettovagliamento e casualmente si imbatterono in un ufficiale
tedesco (...) e ne nacque una sparatoria dagli esiti
suddetti. Si trattava di evitare la rappresaglia dei tedeschi
che già avevano programmato la fucilazione di dieci persone e
Silvano, dopo aver fatto curare Artese, si mosse abilmente per
evitarla recandosi la sera successiva a Serravalle, nella villa dove
si era ritirato il noto drammaturgo Giovacchino Forzano e lo indusse,
con successo, ad utilizzare la sua amicizia con Mussolini
per evitare la strage. Artese ricorda che successivamente Silvano
decise di avvicinare il pistoiese Licio Gelli (in tempi più recenti
assurto alle cronache nazionali per la vicenda della Loggia P2), un
tenente di 25 anni ufficiale di collegamento fra il fascio pistoiese e
la Kommandantur tedesca che già da qualche tempo aveva offerto la
propria collaborazione alla Resistenza. Gelli, ormai gravemente
compromesso agli occhi degli antifascisti pistoiesi, di fronte all’
inesorabile avanzata Alleata, cercava di acquisire meriti
“partigiani” presso il CLN per poter salvare la pelle,
come poi accadde; Fedi, invece, cercava una copertura per poter
condurre altre clamorose e temerarie imprese, che vennero ben presto.
Infatti Silvano ed i suoi, in questo periodo, riescono con
successo innanzitutto ad attaccare (per la quarta volta!) la Fortezza,
poi a disarmare gli agenti nei locali della Questura repubblichina di
P.za S. Leone, ed infine ad assaltare il carcere delle Ville Sbertoli
(3). In quest’ultima occasione partecipa direttamente all’azione
Licio Gelli che, insieme ai partigiani Enzo Capecchi, Giovanni Pinna,
Iacopo Innocenti, travestiti da fascisti, si fa aprire le porte
fingendo di tradurvi Silvano ed Artese, apparentemente ammanettati.
Ben presto i partigiani impugnano le armi disarmano le guardie e
liberano 54 prigionieri, fra i quali due ebrei ed il resto quasi
tutti politici. Il sodalizio di Silvano con Gelli, come i fatti
dimostrano e come poi tutti compresero, era ovviamente un’intesa
strumentale, ma occorre ricordare che, sulle prime, aveva suscitato in
alcuni ambienti della Resistenza pistoiese, notevoli perplessità,
fugate solo dall’intervento chiarificatore di “Pippo” che
aveva confermato la piena fiducia a Silvano (4). Tuttavia qualcosa si
incrinò nei rapporti fra Fedi ed alcuni suoi più cari compagni
fra i quali Panconesi, Giovannelli, Nerozzi e Brunetti e, soprattutto,
Tiziano Palandri che lasciò Silvano per andare in montagna ad
unirsi alla formazione di “Pippo”, divenendone poi un autorevole
vice-comandante. Al riguardo, tuttavia, Artese oggi ribadisce quanto
ebbe a suo tempo a dichiarare allo storico Renato Risaliti, trovando
conferma in una analoga rivelazione fatta a quest’ultimo dallo
stesso Palandri e cioè che il dissidio tra i due essenzialmente
nacque perché Silvano “coerentemente alle sue idee” mostrava
l’intenzione di proseguire la lotta armata per un mondo nuovo,
“per la libertà del popolo…anche dopo l’arrivo degli
Angloamericani”(5). L’estremo sogno rivoluzionario di Fedi, che
forse probabilmente sarebbe rimasto solo tale e che oggi Artese vede
con un certo distacco (“Silvano aveva grandi ideali, forse
difficilmente realizzabili e grande capacità organizzativa, ma per
fare le cose grandi ci vogliono anche grandi mezzi: gli
americani hanno vinto la guerra perché erano capaci di costruire una
nave al giorno, mentre noi, con poche pistole e qualche mitra,
avremmo potuto fare ben poco”), venne tuttavia interrotto il 29
luglio 1944. Nel primo pomeriggio, in una stradina di campagna nei
pressi della Croce di Vinacciano, mentre Silvano con alcuni compagni
attendeva che alcuni malfattori, i quali avevano abusato del nome
della “Fedi”, consegnassero alla formazione (secondo quanto
stabilito un paio di giorni prima da un tribunale del CLN pistoiese
riunito a Ponte alla Pergola) della merce rubata da restituire ai
proprietari, cade in un'imboscata tesagli dai tedeschi e nel
successivo conflitto a fuoco muore insieme a Giulietti. Nella
circostanza viene ferito Marcello Capecchi, che come quasi tutti gli
altri partigiani che accompagnavano Fedi, riesce fortunosamente a
salvarsi, eccetto Brunello Biagini che verrà catturato e fucilato il
1° agosto. La presenza di un forte contingente di soldati, ben
nascosti ed appostati, in quel posto e a quell'ora, ancora oggi
non trova per molti convincente spiegazione e per questo pensano che
Silvano sia stato tradito da una delazione. Lo pensa anche
Artese, ma sull’identità dei presunti delatori non si sbilancia. Il
giorno dopo “... è effettuato un rastrellamento alla Collina di
Pontelungo: gli arrestati sono portati nei locali della ex-Gil di
Pistoia, in piazza S. Francesco, per essere sottoposti ad
interrogatorio” (6). Fra questi anche Artese ed Enzo Capecchi
che riescono rocambolescamente a fuggire (7). Essi assumeranno il
comando della “Fedi” sino alla liberazione Pistoia, nella quale la
formazione giungerà dopo aver occupato, in seguito a duri scontri con
i tedeschi e varie perdite, Vinci, Lamporecchio e Casalguidi (8).
1)
Vd. C.O. Gori, Arrivano i partigiani, Pistoia è libera, in
“Microstoria”, n. 35 (mag./giu. 2004).
2) A. Ciampi, Virgilio Gozzoli,
vita irrequieta di un anarchico pistoiese, in “Microstoria”, n. 37
(set./ott. 2004).
3) Cfr. S. Bardelli-E. Capecchi-E.
Panconesi, Silvano Fedi. Ideali e coraggio, Pistoia, Nuove
esperienze, 1984, pp. 45-68.
4) Cfr. G. Petracchi, Al tempo che Berta
filava. Alleati e patrioti sulla linea gotica (1943-1945), Milano,
Mursia, 1996, pp. 89-91.
5) R. Risaliti, Antifascismo e
Resistenza nel Pistoiese, Pistoia, Tellini, 1976, pp. 213-214.
6) Marco Francini (a cura di) La
guerra che ho vissuto. I sentieri della memoria, Pistoia, Unicoop
Firenze-Sezione soci Pistoia, 1997, p. 364.
7) R. Corsini, Le tappe della vita
di Silvano Fedi, in “Bollettino Archivio G. Pinelli”, n. 5 (lug.
1995).
8) Su Silvano Fedi, oltre ai già
citati, vd. anche: R. Bardelli-M. Francini, Pistoia e la Resistenza,
Pistoia, Tellini, 1980, pp.59-61; I. Rossi, La ripresa del Movimento
Anarchico e la propaganda orale dal 1943 al 1950, Pistoia, RL, 1981,
pp. 26-30, 133-143; P. Bianconi, Gli anarchici italiani nella lotta
contro il fascismo, Pistoia, Archivio Famiglia Berneri, 1988, pp.
83-97; Gli anarchici contro il fascismo: Pistoia, in “A Rivista
Anarchica”, n. 20 (1973); La scuola nel regime fascista: il
caso del Liceo classico di Pistoia, Pistoia, Amministrazione comunale,
1977, pp. 51, 55.
Tutti i diritti Riservati
|