TRA PISA E LUCCA: IL TENENTE BARBAROSSA

 

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Facevamo parte della Banda del Comandante Pippo che comprendeva l’XI Zona della Brigata Garibaldi da questi fummo inviati in missione a Lucca con lo scopo di fare sabotaggi nella zona, che si prevedeva immediata retrovia  data l’incalzante pressione delle truppe alleate che si trovavano allora nelle immediate vicinanze di Livorno. Ci rifornimmo di documenti falsi armi e materiale da piccolo sabotaggio (chiodi stradali, piastrine incendiarie,  bombe incendiarie, Stenk bombe  a mano).

Giunti a Lucca fu nostra prima preoccupazione cercare di poter avere della dinamite e altro materiale per poter far saltare diversi ponti.

Sapevamo che si nascondeva a Lucca dell‘esplosivo destinato a partigiani ma che era a causa di lancio errato, andato a finire nelle mani della G.N.R. la quale faceva strombazzature circa la conquista e sempre per un certo senso di spavalderia aveva predisposto l’esposizione di detto materiale in un negozio cittadino con note alquanto pungenti all’indirizzo di noi partigiani. Da indagini riuscimmo a sapere che questo si trovava allora in possesso dei RR.CC. e perciò ci fu facile coadiuvati dal Maresciallo Cozzolino e dal Cap. Ceccarelli della Tenenza di Lucca entrare in possesso di miccia, dinamite, gelatina e detonatori. Ci risulta altresì che squadre di tedeschi stavano asportando ingenti quantitativi di grano dal Molino Giurlani, fu allora nostra cura cercare di venire in posesso della quantità maggiore e dato la completa scarsità di mezzi dì trasporto si riuscì a entrare in possesso di soli Q.15. Al nostro distacco dal Comando ci rifornimmo di buoni di prelevamento e con questi data la completa scarsità di danaro prelevammo dalla Cassa di Risparmio la somma di L.100.000 che doveva essere così desti­nata:

- L. 20.000 in nostro possesso e L. 80.000 da inviare al Comando per mezzo di una staffetta che si recava colà dopo compiuti i primi sabotaggi per eventuali altri ordini e relazione.

Ci preoccupammo altresì di costituire un nucleo organizzato armato e ben condotto, di persone che dovevano al momento in cui sarebbe conseguentemente segnato il caos nella città, e ciò nel periodo che passava fra lo sgombero delle truppe tedesche e l’ingresso di quelle alleate, prendere le sorti sia pure per pochi istanti, della città ed evitare che ci si abbandonasse a rapine, furti, ecc. Si pensò di far capo il Grand’Uff.Colonnello Giovanni Gaia, Vice Direttore della Cassa di Risparmio, uomo di estrema fiducia e della più alta serietà, il quale doveva avere per coadiuvatori il Magg. Biancalana (sempre della Cassa di Risparmio) e il Tenente Iaffi ebreo ricercato ex detenuto politico di Ventotene. I componenti il nucleo di difesa sarebbero stati scelti fra ex combattenti della grande guerra.

Sistemate così le cose ci ritirammo nel nostro rifugio di mon­tagna situato in località detta (Mennorino) sulla catena dei Monti Pisani (pressi di S. Allago).  

Ci preparammo all’adempimento di sabotaggi e preparammo il nostro materiale come segue:

- Kg. 130 di gelatina destinata al crollo del ponte di Pontetetto importante per la carrozzabile Lucca--Pisa Via S. Maria del Giudice sempre nella strada I km oltre il Ponte di Massa Pisana sui Bottacci. Partimmo e nella nottata caricammo i ponti e incendiammo la miccia, senonchè la miccia era avariata e non fu possibile farla incendiare. Disponemmo allora in modo da continuare l’operazione quando si fosse in possesso di miccia più idonea e disponemmo al fine di potercela procurare.

Sempre in attesa della miccia e per non perder tempo ci incamminammo a caricare il Ponte di Carraia - Ponte Maggiore - Linea Lucca - Pontedera - Via di Tiglio e dato il continuo afflusso di autoveicoli sulla strada costruimmo degli esplosivi per danneggiare i mezzi così composti:

-          N. 2 o 3 tubetti di gelatina legati, un detonatore e un filo che legava il tutto e al quale era attaccato una fronda d’albero. Questo era posto in t’mezzo alla strada, e quando fosse stato investito, l’urto con il quale veniva sbattuto contro la macchina ne procurava lo scoppio con eventuale grave danno del mezzo e talvolta delle persone che lo conducevano, le quali, se illese, appena scese per rendersi conto dell’accaduto venivano da noi attaccate,

Il risultato di questo sabotaggio era stato ottimo e a 16 sì contano i mezzi gravemente danneggiati, tanto da esser resi pressochè inutilizzabili, fra cui un carro armato leggero che aveva incespato contro 3 di questi cespugli. esplosivi si era sfasciato i cingoli, tutte e 2 le ruote, e un ferito grave a bordo. Contemporaneamente 2 si erano recati sull’autostrada e con piastrine incendiarie e chiodi stradali

in sole 5 sere erano riusciti a sabotare ben 12 mezzi di cui 5 quasi del tutto incendiati e perciò inutilizzabili.

Come si vede, il nostro lavoro procedeva .a gonfie vele e instancabilmente notte e giorno ci adopravamo per fare il nostro meglio ed essere coerenti dì una perfettissima, indiscutibile coerenza alla causa per la quale giorno e notte rischiavamo la vita. Senonchè una spia ci vendé ai tedeschi e mentre 4 soli di noi erano al distaccamento, fummo sorpresi e at­taccati da 60 - 80 tedeschi, Ci difendemmo strenuamente per un’ora e mezzo ma ala fine dovemmo abbandonare la posizione per la mancanza di munizioni ed anche per il preponderante numero avversario; ciò però ci intimoriva poco poichè eravamo disposti a farci ammazzare prima di cedere qualora le munizioni non ci fossero venute meno. Fummo inseguiti a colpi di mitraglia: un ferito e un prigioniero (da parte nostra) 8 feriti e 5 morti da parte tedesca.

Il partigiano preso prigioniero, Paoli Brunero, era di guardia in un punto dominante tutte le strade di accesso. (disarmato al fine di non suscitare commenti e chiacchiericci da parte dei boscaioli e pastori). Fu preso alle spalle poiché chi conduceva i tedeschi era a conoscenza del luogo della sentinella e perciò percorsero sentieri da capre solo noti a chi del luogo. Quindi impossibilità da parte della sentinella di dare il minimo segno di allarme.

Ci risulta poi che il suddetto partigiano, dopo una settimana di atroci torture, è stato giustiziato.

I compagni chiedono vendetta!!!! Vogliono vendetta!!! E vogliono altresì essere incaricati onde poter scoprire il vile che ha venduto i fratelli ai più delinquenti malfamati nemici della patria. Nella capanna che serviva da nostro rifugio lasciato tutto il nostro equipaggiamento. N. 4 Stenk (gli altri furono nascosti nelle vicinanze della capanna) dopo esaurite le munizioni e chi le nascondeva era protetto dai compagni che avevano in pugno solo  le rivoltelle (si noti la vigliaccheria dei tedeschi i quali sono tenuti a bada da 4 valorosi partigiani solo con le rivoltelle!! Sembra un paradosso ma è la pura verità. Dentro il nascondiglio sotterrata si trovava una cassetta che conteneva:

-          n. 12 buoni prelevamento firmati (Pippo)

-          L. 89.000 in assegni e cartamoneta.

-          N. 6 fasce tricolori da braccio e 9 fazzoletti rossi alla garibaldina. Più documenti che definivano la nostra identità – paternità e indirizzo con fotografia del comandante il distaccamento Ten. . Barbarossa (Alberto Fogli). Di conseguenza dopo accurate indagini i tedeschi vennero a conoscenza delle nostre abitazioni ed ecco allora ha inizio uhna spietata caccia all’uomo ed un martirio continuo per le nostre famiglie minacciate ed espropriate del necessario e torturate al fine potessero indicare il nostro nascondiglio che in un primo momento fu presso la Casa Montauti a  Lucca indi Ospedale Militare – Ospedale Senatoriale – Ariano ed nfine presso i frati Certosini nella Certosa di Farneta.